Un token non fungibile (NFT) è un token registrato su una catena di blocchi associata ad uno “smart contract” (contratto intelligente) che restituisce un file a un file digitale. Tuttavia, non è un segno ai sensi del Codice monetario e finanziario, né un’opera d’arte ai sensi del Codice della proprietà intellettuale, né un certificato di autenticità.

I primi token non fungibili sono comparsi con i criptopunk nel 2017 e hanno iniziato a essere resi popolari dai cripto-gattini che erano costituiti da un gioco sulla blockchain di ethereum che permetteva di acquistare, collezionare, allevare e vendere i cripto-gattini.

La crisi sanitaria del 2020 ha fatto apparire le criptovalute come un porto sicuro e ha segnato l’inizio della mania dei token non fungibili soprattutto nel mercato dell’arte. La cripto-arte, caratterizzata dal carattere autoctono delle opere, appare come sintomatica di internet.

Il mercato è in rapida espansione, ad esempio il volume delle transazioni di token non fungibili sulla blockchain di Ethereum è stato di 106 milioni di dollari mentre nel 2021 aveva già raggiunto i 44 miliardi di dollari.

I token non fungibili sono ormai andati ben oltre il campo dell’arte e si trovano in particolare nel settore dei videogiochi, del collezionismo, lo sport (ad esempio la piattaforma NBA TOPSHOT), i marchi del lusso e della moda che la vedono come un mezzo per garantire l’autenticità e la tracciabilità delle parti soggette a contraffazione, nel settore culturale, e come un titolo di proprietà nel metaverso.

I – Definizione di token non fungibili

Un token non fungibile si basa sulla cosiddetta tecnologia blockchain, che consente di effettuare il timestamp, archiviare e trasferire informazioni in modo sicuro senza ricorrere a un ente centralizzatore al fine di garantire al proprio titolare una risorsa virtuale, unica e a prova di manomissione. Si associa ad uno smart contract, ovvero programmi informatici contenenti l’indirizzo dell’emittente, il nome del token ed eventualmente la collezione, l’identificatore univoco del token, eventualmente contenenti un link ad un file sottostante ed eseguibili automaticamente non appena il le condizioni precedentemente codificate vengono registrate sulla catena di blocchi. Per gli autori, questo meccanismo consente di riscuotere royalties quando viene soddisfatta la condizione registrata nello smart contract.

I token non fungibili beneficiano di diverse caratteristiche:

•        Trasferimento di proprietà ;

• Autenticazione del titolare;

• Inalterabilità;

• Trasparenza dei trasferimenti.

L’articolo L. 552-2 del Codice monetario e finanziario offre una definizione abbastanza precisa di token non fungibile: “Ai fini del presente capo, un token è qualsiasi bene immateriale che rappresenta, in forma digitale, uno o più diritti che possono essere emessi, registrati, conservati o trasferiti per mezzo di un dispositivo di registrazione elettronico condiviso che consenta di identificare, direttamente o indirettamente, il proprietario di detto bene. “.

L’articolo L. 320-1 del Codice di Commercio, risultante dalla legge di ammodernamento del mercato dell’arte del 28 febbraio 2022, autorizza le aste immateriali e può essere letto come identificativo di un token non fungibile con attività immateriali.

Come attualmente utilizzato, un token non fungibile non costituisce una misura di protezione tecnica in quanto non impedisce l’uso non autorizzato di un’opera. Pertanto, in assenza di qualsiasi tutela del file, il file digitale resta accessibile ovunque e per tutti i titolari del link che ad esso rimanda. Può quindi essere copiato e riutilizzato. D’altra parte, si può ritenere che il token non fungibile costituisca una misura di informazione tecnica, a condizione che i metadati a cui si riferisce lo smart contract non siano eccessivamente compressi.

I token non fungibili costituiscono un’opportunità per creare valore e rarità consentendo di individuare contenuti riproducibili mentre, nell’universo digitale, i file sono infinitamente riproducibili e, quindi, difficili da valutare. Il Ministero della Cultura francese ritiene che i token possono creare un contesto più favorevole per la creazione nell’ambiente digitale.

I token non fungibili consentono già di finanziare la creazione in particolare di cripto-arte, arti visive tradizionali, patrimonio (ad esempio sono stati proposti token non fungibili per finanziare il mantenimento di collezioni pubbliche o private in particolare nella Repubblica Ceca Repubblica), nel settore della musica o del cinema dove consentono di raccogliere fondi, in particolare offrendo esperienze specifiche agli acquirenti o emettendo token simili a security token che consentono di raccogliere somme maggiori. Nel settore audiovisivo, i token non fungibili potrebbero essere complementari al lancio di SOFICA. Ad esempio, il film “Zero contact” con Antony Hopkins ha offerto la visione del film esclusivamente agli spettatori in possesso di token non fungibili su VUELE. Nel settore della fotografia, le piattaforme (in particolare PICTIA) offrono ai fotografi l’opportunità di vendere token non fungibili sulle loro fotografie e consentono di combinare la vendita con una licenza per i diritti di utilizzo commerciale su Internet.

II – Norme giuridiche applicabili

Il token non fungibile (ovvero la creazione di uno smart contract registrato nella blockchain con un certo numero di funzionalità) non contiene l’opera e quindi non è soggetto alle regole del diritto d’autore. Se invece durante la produzione del token non si intende applicare il diritto d’autore (dato che si tratta solo di un elemento puramente tecnico), è diverso quando lo smart contract che registra il token non fungibile nella blockchain integra un link ad un unico file digitale che può essere scambiato e scaricato ed eventualmente conferisce diritti al titolare di questo link e di questo file. Il diritto d’autore si applica al singolo file e non al codice o al collegamento ipertestuale.

In pratica capita spesso che il primo acquirente di un token così come il successivo non detengano alcun diritto sul file digitale associato al token. In concreto, l’acquisizione di un token non fungibile conferisce al titolare un certificato di proprietà del token, che non può essere sfruttato se non per uso strettamente privato (il titolare beneficia di fatto dell’eccezione per copia privata ai sensi dell’articolo L. 122 -5 del Codice della proprietà intellettuale ma non può utilizzare il token in un contesto non privato). Occorre quindi prevedere nelle condizioni generali e nello smart contract la possibilità di utilizzare il file sui social o nel metaverso.

I token non fungibili rappresentano una difficoltà poiché chiunque oggi può trasformare un file disponibile su Internet in un token non fungibile anche se non gli appartiene e anche se non ne è l’autore. Le piattaforme non verificano spontaneamente l’identità dell’emittente del token non fungibile. Tuttavia, la legge del 9 febbraio 1995 relativa alla contraffazione nelle arti richiede il rispetto di tre condizioni cumulative:

• Il falso include una firma o un segnale distintivo che si riferisce a un artista specifico;

• Le opere dell’artista di cui è stata utilizzata la firma o il segno non devono essere di pubblico dominio;

• Le opere d’imitazione devono essere opere di pittura, scultura, disegno, incisione e musica;

• Litografie assimilate all’incisione e alla fotografia, e arti applicate non coperte.

Queste condizioni sembrano difficili da applicare al token non fungibile, ma potrebbero applicarsi al file associato. Una delle ipotesi in cui si potrebbe considerare l’esistenza di un falso è quella di un file che si presenti come un estratto di musica erroneamente attribuito o come un’opera digitale nativa comprendente la firma di un artista che non è l’autore. In tal caso si applicherebbero le pene di due anni di reclusione e di 75.000 euro di multa oltre al risarcimento del danno e alla distruzione dell’opera.

Per quanto riguarda l’immagine di un bene di pubblico dominio, i gestori di pubblico dominio non possono vietare la creazione di token non fungibili che rappresentino le opere di loro proprietà. Tuttavia, la legge del 7 luglio 2016 relativa alla libertà di creazione ostacola l’uso in un contesto commerciale dell’immagine di uno dei domini nazionali individuati nel decreto del 2 maggio 2017 (in particolare Chambord, ecc.).

Per quanto riguarda le piattaforme di scambio di token non fungibili, potrebbero essere applicate le disposizioni dell’articolo 17 della direttiva 2019/790/UE, che definisce uno specifico regime di responsabilità per la tutela dei diritti in materia di protezione dei diritti autore nei confronti dei fornitori di servizi di condivisione di contenuti online (principalmente piattaforme digitali su cui gli utenti Internet condividono una grande quantità di contenuti protetti). Questo articolo si applica se le piattaforme di scambio di token non fungibili devono essere considerate come fornitori di servizi di condivisione di contenuti online e se comunicano pubblicamente o mettono a disposizione del pubblico opere protette dal diritto d’autore o materiale caricato dai suoi utenti.

In tal caso, le piattaforme non sarebbero ritenute responsabili se:

• dimostrano di essersi adoperati al meglio per ottenere l’autorizzazione dei titolari dei diritti,

• di essersi adoperato al meglio per garantire la disponibilità delle opere e di altro specifico materiale protetto;

• e di aver agito tempestivamente al ricevimento di una comunicazione sufficientemente motivata da parte dei titolari dei diritti per bloccare l’accesso alle opere e ad altro materiale protetto oggetto della notifica o per rimuoverli dal sito e adoperarsi per impedirne il caricamento nel futuro. Tuttavia, alcune piattaforme potrebbero costituire dei marketplace espressamente esclusi dal suddetto regime.

III – Sul sistema tributario

Il Consiglio Superiore della proprietà litteraria ed artistica non è convinto dell’assimilazione dei token non fungibili agli asset digitali, ma ritiene che questa sia una qualificazione rilevante nel breve termine per la molteplicità dei possibili utilizzi dei token e la difficoltà di stabilire un quadro normativo e fiscale definitivo in la presenza di un mercato così volatile e recente.

Il regime giuridico applicabile agli asset digitali deriva dalla legge del 22 maggio 2019 sulla crescita e la trasformazione delle imprese (PACTE). Nel articolo 41 della legge 28 dicembre 2018 sulla finanza per l’anno 2019 è stato istituito uno specifico regime fiscale applicabile alla plusvalenza da cessione di asset digitali realizzata in via occasionale da persone fisiche. In ogni caso, le plusvalenze si basano su un prezzo di acquisto che tenga conto del valore medio ponderato del portafoglio di asset digitali detenuto dal soggetto. Per le operazioni di scambio è previsto un differimento fiscale e le attività digitali sono dedotte dalle plusvalenze della stessa natura realizzate nello stesso anno e sono esenti le vendite annue di importo complessivo inferiore a 305 euro. Le plusvalenze sono soggette all’aliquota del 12,8% per le imposte sul reddito e non a quella delle cessioni di beni mobili (19%). L’aliquota è aumentata al 30% se includiamo i contributi previdenziali a partire dal 1 gennaio 2023.

Se invece si svolge regolarmente l’attività di acquisto e rivendita di token non fungibili (che viene analizzata in base alle date di acquisto e di rivendita, al numero di asset digitali venduti, alle condizioni della loro acquisizione, ecc. .), sarà quindi un’attività commerciale il cui reddito dovrà essere dichiarato nella categoria degli utili industriali e commerciali. Tuttavia, a partire dal 2023, dovranno essere dichiarati come utili non commerciali.

IV – Tutela del consumatore

L’articolo introduttivo del Codice del Consumo definisce il consumatore come:

• Una persona fisica;

• Chi agisce per scopi estranei all’ambito della propria attività commerciale.

Il risultato è che il livello di sofisticazione della persona è inoperante e che è proprio la sua attività professionale a rendere possibile la scomposizione tra consumatore e professionista. Di conseguenza, la Corte d’Appello di MONTPELLIER (21 ottobre 2021, n°21/00224) ha ritenuto che il cliente di una piattaforma di criptovaluta sia un consumatore anche se avesse partecipato alla costruzione di una catena di block, e nonostante gli alti guadagni, ma che non costituiscono un reddito di natura commerciale. Di conseguenza, agli acquirenti di token non fungibili possono applicarsi il diritto dei consumatori e in particolare le norme relative al diritto di recesso.

Inoltre, gli autori che intendono vendere le proprie opere ai consumatori sotto forma di token non fungibili sono tenuti di trasmettere informazioni precontrattuali, corrette, chiare e trasparenti sui diritti e doveri dei consumatori in materia civile e fiscale, nonché adeguate e proporzionale la complessità del bene commercializzato (che rischia di presentare particolari difficoltà in termini di token non fungibili poiché sarà necessario spiegare le nozioni di block chain e smart contract, ecc.).